La Roma di oggi è una stratificazione di tante epoche, città, momenti storici, segni lasciati da tante vicende ed è tuttora un fluire e un mescolarsi di quartieri, di mondi a sé stanti persino, di cittadini e turisti a volte superficiali e dannosi e altre volte alla ricerca di un senso di appartenenza o di vicinanza ad una civiltà, come quella romana, che un tempo ha regalato bellezza, arte, cultura, civilizzazione, un certo modo di essere al mondo all’insegna di grandi ispirazioni ed idee. Certo, tutto questo è più facile vederlo andando al Colosseo, ai Fori Imperiali, al Pantheon. Mentre se ne perde la cognizione in non-luoghi come il piazzale della stazione Termini e i suoi dintorni, per esempio.
Ma Roma è tutta da attraversare, fuori e dentro il raccordo, da nord a sud, al di qua e oltre il Tevere sia nei luoghi più ripuliti e tenuti meglio, come nel Tridente sia in quell’Esquilino, da Castro Pretorio a Piazza Vittorio, che porta con sé certo gusto umbertino, architetture antiche come Porta Maggiore, la Basilica di Santa Croce e altre, la stazione Termini, zone che soffrono di incuria e abbandono in cui il Melting Pot mostra i suoi lati belli ma anche i suoi problemi e le sue contraddizioni. E due sono i mezzi con cui farlo: i piedi, da usare il più possibile, e l’autobus, magari non nelle ore di punta, per guardarlo tutto questo macrocosmo di microcosmi, questo insieme pressoché infinito di monumenti, simboli, campanili, chiese, basiliche, palazzi, strade, cortili, parchi, porte, ponti, scalinate, piazze, sanpietrini. E ci si accorge come un conto è camminare a Piazza Navona o a via della Conciliazione, un altro all’Eur o sul Lungotevere delle Armi, un altro ancora sulla via Tuscolana o a Boccea.
Un attraversamento nello spazio come nel tempo dalla fondazione della città a quell’età contemporanea che da libro di testo diventa insieme di luoghi memorabili come il Portico d’Ottavia, Piazza del Gesù, Piazza Venezia, via delle Botteghe Oscure, Via Caetani. Questi luoghi raccontano e meritano di essere ancora narrati, nei modi e nelle forme più diverse. A partire dallo sguardo su di essi, dal fermarsi, per esempio, a Largo di Torre Argentina e guardare i gatti in quel che resta dei templi romani dell’area sacra. Magari si può approfittare di bere l’acqua dal nasone lì nei pressi e sedersi su una delle larghe panchine in via di San Nicola de’ Cesarini. E da lì guardare anche la facciata del Teatro Argentina.
Dalla stessa via del teatro si può raggiungere Trastevere passando prima per via Arenula, un nome che ricorda la sabbia del Tevere e le botteghe artigiane, e poi per Ponte Garibaldi. E nel frattempo si può dare un’occhiata all’Isola Tiberina. In questo attraversamento non ci sono solo tanti periodi storici, diverse architetture, innumerevoli suggestioni. C’è anche un viaggio nella cultura popolare romana in cui tappa culminante è la statua a Giuseppe Gioacchino Belli. La statua è una delle quattro che ha più senso visitare a Roma assieme a quella di Giordano Bruno, di Giulio Cesare e di Marco Aurelio. Questa passeggiata si aggiunge alle sette migliori esperienze da fare a Roma e di cui nessuno parla.
Questa città è come un romanzo che è una cosa sola, ma l’interscambio tra le parti diventa un caleidoscopio che sembra impazzito nei suoi frammenti ma che pure sa raccontare una storia. Una storia che non sarebbe possibile senza queste sue parti: le strade che sono tutte da attraversare.
E tu, quali zone di Roma ami o ti piacerebbe attraversare? Parlane nei commenti, grazie.