Spesso m’interrogo su cosa abbia chiesto di preciso Dio ad Abramo quando gli chiede di sacrificare il figlio Isacco, come si legge nei primi due versetti di Genesi 22:
In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».
La prova
Di quale prova stiamo parlando? Ma soprattutto, Dio mette alla prova l’uomo? Di solito si prova un oggetto, quando si cerca di capire se fa al caso nostro, come una scarpa o un vestito. Oppure si prova una persona in una nuova mansione lavorativa. O un coniuge in qualche modo, se avesse sospetti sul partner, cercherebbe di verificarne la fedeltà. In che senso Dio mette alla prova Abramo?
Vuole vedere se ha abbastanza fede in lui? Per fare cosa? Isacco è già nato, la discendenza che Dio ha promesso al padre e a Sara, ritenuta sterile, è già iniziata. Che cosa c’è da provare? Anche ammesso che Dio ogni tanto ci mandasse delle situazioni difficili per “provarci”, per temprarci, con Abramo ha già compiuto la sua promessa. Che altro c’è da fare?
Il riscatto
Il senso di questi versetti biblici diventa più chiaro quando si legge ciò che è scritto in Esodo 13,11-13:
11 Quando il Signore ti avrà fatto entrare nel paese del Cananeo, come ha giurato a te e ai tuoi padri, e te lo avrà dato in possesso, 12 tu riserverai per il Signore ogni primogenito del seno materno; ogni primo parto del bestiame, se di sesso maschile, appartiene al Signore. 13 Riscatterai ogni primo parto dell’asino mediante un capo di bestiame minuto; se non lo riscatti, gli spaccherai la nuca. Riscatterai ogni primogenito dell’uomo tra i tuoi figli.
La parola chiave quindi, diventa, il riscatto. Riscattare vuol dire riprendere indietro qualcuno, liberarlo. Quindi Dio chiede ad Abramo di offrire il suo primogenito ma è in realtà Dio che offre ad Abramo Isacco. C’è un doppio movimento: l’offerta di Abramo da una parte e l’offerta di Dio dall’altra. Infatti non gli chiede di immolarlo ma di offrirlo. Isacco viene portato su un monte, verso il cielo e da quel cielo egli viene riscattato, recuperato, liberato.
La trasfigurazione
In questo senso ben si fa a mettere in collegamento questo passaggio con il Vangelo della trasfigurazione sul Monte Tabor. Gesù viene trasfigurato, cambia di figura, di aspetto. Le sue vesti diventano splendenti, bianchissime. Il bianco esprime saggezza, fiducia e speranza. Quella di Isacco e di Gesù è quindi una sorta di investitura, come quando nel Medioevo si investiva un cavaliere. È l’inizio di una nuova vita, di una missione, di un pellegrinaggio.
Il monte
Significativo è il fatto che sia Isacco sia Gesù salgono un monte, un luogo scelto da Dio. Chi salirà il monte del Signore chiede il Salmo 23. E subito dopo risponde chi ha mani innocenti e cuore puro.
L’invito
T’invito a unirti a me in questo viaggio di introspezione ispirato dalla storia di Abramo e Isacco. Condividi con me i tuoi pensieri su come interpreti il concetto di riscatto e trasfigurazione in questo contesto antico e come possiamo applicarlo alle sfide moderne che affrontiamo. Scrivi un commento qui sotto o in una conversazione con me attraverso uno dei miei canali. Esploriamo come possiamo riscattare le parti di noi che possono essere state offuscate e ascendere il nostro personale “monte interiore” verso saggezza, fiducia e purezza. Accetta questa sfida con me e insieme scopriamo il potenziale di trasformazione che risiede dentro di noi.