Ristrutturiamo le nostre case in questo periodo grazie all’ecobonus al 110%, per chi ha potuto usufruirne. Squadre di edili, idraulici, elettricisti ecc. sono all’opera per sistemare le facciate, cambiare gli infissi, mettere il cappotto termico ecc. Gli italiani escono dal lockdown e dalle zone gialle e rosse rimettendo a posto le loro dimore, pur nelle incertezze dovute al diffondersi della Variante Delta. Sergio Rubini e la sua compagna Carla Cavalluzzi proprio in quei mesi devono aver rimesso insieme alcune disavventure legate a lavori in casa, soprattutto con idraulici. E ne hanno fatto uno spettacolo dal titolo Ristrutturazione, nel quale, tra l’altro, si parla di architettura per bocca di un autore che è ne considerato il massimo teorizzatore: Vitruvio. Ma quel titolo può essere un manifesto di una collettività che sta ricostruendo se stessa sul passare dalla pandemia all’endemia, magari il prima possibile. E se gli artisti non sono stati considerati necessari al bene pubblico ora in questa febbrile opera di ricomposizione il loro essere superflui diventa la manifestazione stessa dell’umanità di noi tutti.
Qui c’è da ridisegnare un futuro. E per noi italiani diventa ancor più bello ed esaltante farlo se guardiamo al nostro immenso patrimonio in tutti i campi. Ci pensavo ieri mentre guardavo Sergio e la band Musica da Ripostiglio nella scenografia naturale di Piazza Giovanni XXIII di Francavilla Fontana con la Basilica Minore del Santissimo Rosario e la Chiesa di Santa Chiara. Quegli edifici che si vedono ora sono a loro volta il frutto di ricostruzioni, rimaneggiamenti, restauri. La chiesa matrice (la basilica) ad esempio è un edificio settecentesco innestato su un precedente angioino andato parzialmente distrutto nel 1743 da un terremoto. L’altra chiesa è del 1836 dopo che è stato abbattuto un precedente monastero delle Clarisse del quale ci sono alcuni resti. Chissà quante maestranze, operai, manovali ci hanno lavorato e ci lavoreranno ancora in un processo di costruzione e ricostruzione che è in pratica infinito. E nel quale, si badi bene, c’è una buona dose di “superfluo”: basta guardare ad esempio la facciata della chiesa madre con il suo stile tardo-barocco. È un gioco fatto di ritmi, volumi, ripartizioni che vogliono ammaliare e stupire. È una scenografia che in particolare a Francavilla ben s’intona con i Riti della Settimana Santa di Francavilla Fontana. Questi ultimi sono stati parte importante di alcune scene del film La terra dello stesso Rubini che nel 2006 girò proprio in Piazza Giovanni XXIII e nella scuola adiacente.
Rubini ieri sera è tornato sulla scena di un suo film, anche se in versione di attore teatrale, di monologante a raccontare pezzi della sua vita attraverso le case in cui ha vissuto a Roma. Di una di esse, “la casa sopra i tetti”, mi ricordo quando andai a trovarlo nell’agosto del 2003 per le prove del film in cui mi scritturò, L’amore ritorna. Ricordo ancora l’appuntamento con un suo assistente di allora, Pierluigi Ferrandini (oggi regista), davanti alla Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona. Da lì ci spostammo lungo la Via di Sant’Agnese in Agone e poi girammo a sinistra nella Via del Teatro Pace dove si trovava il suo appartamento tutto bianco, luminoso nel quale per quasi tutto il tempo Rubini camminava avanti e indietro. Io alla primissima esperienza cinematografica in quel luogo per me mitico di fronte a un regista e attore del suo calibro ero molto intimidito. Ma quel via vai mi fece sentire a casa perché lo faccio spesso anche io in qualunque posto mi trovi. Perché, non so per voi, per me casa è il luogo in cui cammini di più.