Le maggiori opportunità derivano dal pensare in grande, non dal rivolgersi a mete inferiori che, invece, ci danno meno possibilità. È come se ci si costruisse attorno piccole scatole che ci limitano, ci chiudono. Occorre costruirne di enormi, un po’ come l’arca di Noè. Questa è una conferma straordinaria che ho avuto da Una cosa sola di Gary Keller. Mi ha insegnato che se voglio raggiungere grandi risultati devo avere pensieri all’altezza di essi perché, altrimenti, se ne raggiungono solo di piccoli. Il pensiero, dunque, dà forma alle azioni e queste ultime determinano i risultati. Ecco perché, citando Robert Brault, ciò che ci allontana dalla nostra meta non sono gli ostacoli, i problemi, come dice il pensiero comune, ma una strada sgombra verso una meta inferiore. Incontrare ostacoli vuol dire che ci si trova sulla strada giusta.
La paura del grande
C’è una sorta di megafobia, di paura del grande, in giro. Il grande fa paura perché lo si ritiene troppo faticoso o pericoloso o perché si pensa che non lo si merita. Noi non siamo Robert De Niro o Al Pacino o Maradona o il presidente dell’America e quindi dobbiamo pensare in piccolo. E non stiamo nemmeno a New York, o Los Angeles, o Tokyo ma in un posto più piccolo e meno importante. Spesso sento frasi simili e scappo. E faccio bene perché quei limiti sono auto-imposti. Nessuno sa davvero quali siano e io addirittura dubito che esistano. Perché condizionare la provvidenza? Magari ci porta 100 e noi vediamo solo 2 o 3.
Perché accontentarsi?
Una volta una mendicante chiese una monetina a una mia amica che in cuor suo le voleva dare molto di più se solo glielo avesse chiesto. Chiedi e ti sarà dato c’è scritto nei Vangeli. Il bello è che si può chiedere pressoché tutto. Chi si accontenta gode dice un adagio popolare che è una gran baggianata. Accontentarsi è un peccato! Si crede di essere virtuosi nell’agire in questo modo, che è giusto prendere poco. Questo è frutto di paura, non di moralità. Nei Vangeli c’è anche scritto che a chi ha poco sarò tolto quel poco che ha e a chi ha molto sarà dato ancora di più. E questo lo si vede ogni giorno. Perché i ricchi diventano sempre più ricchi? I più credono perché sono disonesti e rubano. Ma anche questo pensiero è falso, nella maggioranza dei casi.
Moltiplicare i talenti
Il fatto è che c’è un’equazione che dice spiritualità = povertà. C’è una certa interpretazione della religione che dice questo e negli ultimi tempi ci si è messo ad affermarlo anche papa Bergoglio. Io gli voglio un gran bene e sono un suo fan per tanti aspetti. Ma per entrare nel regno dei cieli non solo non è necessario essere poveri ma semmai occorre imparare a moltiplicare i talenti, che nella relativa parabola erano delle monete. Non sto dicendo che in paradiso ci vanno solo i ricchi ma che la povertà, quando è frutto della paura (quasi sempre), chiude i cancelli di San Pietro. L’equazione di cui io parlo è determinata dal non voler avere responsabilità perché a chi ha molto si chiederanno più responsabilità appunto. Per questo motivo nella parabola dei talenti uno dei servitori sotterra il suo capitale e per questo viene maledetto dal suo padrone.
La via del cielo
Più è grande il pensiero e l’impegno nel tempo, dunque, maggiore è il risultato. Pensieri grandi portano al raggiungimento di grandi obiettivi e quindi a maggiori soddisfazioni. Pensieri piccoli portano a mete basse e noiose. Anzi, certe volte, proprio da nessuna parte: è come finire in un vicolo cieco. La via del cielo è invece, enorme, infinita, come lo è Dio. Come puoi pensare di raggiungere Dio se fai pensieri microscopici, se credi di non meritarlo, se ti tratti da nullità? L’umiltà non è più una virtù. Come pensi che abbia fatto Gandhi che sfidò il più grande impero a lui coevo e cioè quello britannico? Con l’ambizione. Lo avresti mai detto? Pensare in grande è anche la filosofia di Donald Trump.
L’aspirazione
Lungi da me la denigrazione di ciò che è piccolo o di chi si fa ultimo servendo gli altri. Gesù disse: «chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore». Ma questo invece che smentire il nostro discorso lo conferma: io evito di esaltarmi nel mio desiderio di grandezza e ne riscopro il vero volto nel servizio e nell’amore. In altre parole alla base c’è sempre l’aspiirazione alla vastità, alla magnificenza, alla sublimità.
La mente di Dio
Pensare a certi livelli mette in moto meccanismi mentali e risorse all’altezza degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Se lo puoi immaginare lo puoi fare, diceva Walt Disney, straordinario esempio di uno che seppe pensare in grande. Quando progettò il primo parco il suo progetto fu considerato tanto faraonico quanto irrealistico. Ma ebbe ragione. «Mira il cielo e conta le stelle, se le puoi contare», quindi aggiunse: «Così sarà la tua discendenza». Questo dice Dio ad Abramo. La nostra mente è all’altezza di qualsiasi meta perché non è solo nostra, essa ha un livello chiamato “superconscio”, noto anche come “mente di Dio”. È il luogo dove tutte le idee sono depositate da sempre, una sorta di mondo delle idee, di platonico iperuranio in attesa del demiurgo. Una cosa sola ti insegna come fare.
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