Ci sono tre romanzi in uno in Baudolino di Umberto Eco, che ho appena finito di leggere. Vediamoli in sintesi uno per uno:
- Il romanzo picaresco, o d’iniziazione, di un tredicenne di umili origini della Fraschetta, nella bassa pianura padana vicino ad Alessandria, che viene adottato dall’imperatore Federico Barbarossa;
- Il romanzo storico di un giovane, sempre Baudolino, in cui Federico nutre grande fiducia e dal quale si fa supportare in diverse imprese e nell’opera fondamentale di legittimazione di fronte alle minacce del papato anch’esso alla ricerca della supremazia;
- Il romanzo fantastico di un uomo che dopo la morte del Barbarossa va alla ricerca del Prete Gianni e s’imbatte in terre in cui abitano creature dei bestiari medievali come gli sciapodi, i blemmi, gli uccelli di Roq e altri.
È il terzo romanzo che leggo di quest’autore, dopo Il Nome della Rosa e L’isola del giorno prima. Per sua bocca stessa questa sua ultima opera è la più popolare sia per l’estrazione sociale del protagonista, sia per il tipo di linguaggio e le invenzioni linguistiche adottate. Baudolino è infatti un bugiardo sistematico, anche se sincero, perché crede in quel che dice ed è disposto a spenderci la vita. Eco stesso lo paragona a un trickster, a un imbroglione, un truffatore. A me ricorda il Cristoforo Colombo di Isabella, tre caravelle e un cacciaballe, commedia di Dario Fo e Franca Rame. Per esempio s’inventa di sana pianta le caratteristiche del regno del Prete Gianni, arriva a scrivere una missiva spacciandola per quella di quel regnante e contrabbanda delle teste di vari cadaveri come la vera testa di Giovanni Battista. Giuseppe Lovito, guistamente, fa notare come nell’affabulazione Baudolino ricordi molto da vicino Pulcinella. Tutti e due inventano storie e mondi, anche se la maschera della commedia dell’arte cerca di spiazzare gli altri per volgere le situazioni a suo favore, mentre Baudolino inventa la Storia, finisce con il costruirla con le sue trovate. Anche perché dotato del dono della profezia, allo stesso modo di San Baudolino, dal quale Eco mutua nome e caratteristiche.
Non è stata una lettura proprio facile, per quanto il suo autore abbia adottato stili meno colti degli altri romanzi. Tuttavia le digressioni e le invenzioni in questo libro sono numerose, come anche le avventure che vi sono narrate. Infatti è considerato una sorta di summa enciclopedica medievale. La parte in cui mi sono perso di più è quella fantastica con tutte le creature che sono state menzionate. E ho fatto fatica perché non ho molto gradito questa parte che trovo un po’ avulsa. D’accordo che Baudolino è un bugiardo ma perché passare a raccontare di creature e situazioni che noi lettori di oggi sappiamo frutto di fantasia quando per i due terzi del romanzo sembra di essere accanto al Barbarossa e addirittura nei meandri segreti del suo potere all’interno di vicende storiche ben note. Il romanzo sembrerebbe destinato, così, a lettori contemporanei ai fatti narrati. Forse che Eco ci vuole convincere a lasciare il noto per l’ignoto, realtà per la fantasia? Ma perché non farlo già all’inizio del romanzo?
Baudolino è un’opera sul tramonto del Medioevo. L’epoca del Barbarossa vede già i due fulgidi soli del papato e dell’impero al loro declino, come potere temporale. Neppure Baudolino con le sue mirabolanti invenzioni può salvare il padre adottivo. L’unica cosa che può salvare è se stesso e il suo amore per Ipazia, altra creatura fantastica, e il figlio che insieme fanno. Così l’opera diventa moderna, di crescita umana, spirituale di un protagonista che sessantenne si rimette in viaggio per le terre dove ha trascorso gli ultimi anni della sua vita. Ma è anche interessante la prospettiva storica su un periodo in cui alcuni compagni della nativa Alessandria anticipano l’incipiente età comunale, che prenderà da lì a poco il testimone della storia: una faccenda che il nipote di Barbarossa, Federico II, non capirà o non vorrà capire tentando ostinatamente un ritorno a un’età ormai finita e a un anacronistico accentramento dei poteri.