Bergoglio e il cinema, la storia che nessuno ti ha raccontato

Nessun Papa ha amato e usato il cinema e il teatro come Francesco.

Non solo li ha seguiti da spettatore appassionato, ma li ha trasformati in strumenti vivi del suo pontificato. Non c’è altro pontefice che abbia dialogato con così tanti registi, attori, comici. Nessun altro è apparso in così tanti film e documentari da vivo, e nessun altro ha parlato così chiaramente della bellezza come via spirituale. Allora vale la prioprio la pena di parlare di Bergoglio e il cinema.

Questa è la prima volta che quel legame viene messo a fuoco in modo chiaro, diretto, e con uno sguardo ampio ma profondo. In queste righe ti racconto, senza fronzoli, come Francesco ha rivoluzionato il rapporto tra fede e arti sceniche.

Quando il Papa abbracciò Scorsese

Nel 2016, Papa Francesco accolse in Vaticano Martin Scorsese dopo la proiezione romana del film Silence. Trent’anni prima, la Chiesa aveva condannato L’ultima tentazione di Cristo. Ora, lo stesso regista veniva ricevuto con rispetto. Non era solo un abbraccio: era il segno visibile di un cambio di sguardo.

Di Francesco si è detto tanto: viaggi, frasi celebri, gesti iconici. Ma nessuno ha guardato con attenzione al suo amore viscerale per il cinema e il teatro. Un amore fatto di citazioni, incontri, idee forti. Un amore che ha lasciato tracce profonde.

Il cinema come poesia

«Il cinema è poesia: dare vita è poetica», diceva Francesco, con quella chiarezza che gli era propria. E nei suoi film del cuore — Il pranzo di Babette, La strada, Roma città aperta — vedeva storie che parlano di grazia, dono, compassione.

In un discorso agli artisti, raccontò una scena da Andrej Rublëv: un artista muto per il trauma della guerra ritrova la voce nel suono puro di una campana appena fusa. «Quel suono è la voce di Dio», disse il Papa.

Per lui, il cinema non era evasione, ma rivelazione. Non era intrattenimento, ma liturgia laica. Una forma di preghiera che non ha bisogno di dogmi per toccarti il cuore.

Il papa tra le star

Francesco ha fatto qualcosa che prima sembrava impensabile. Ha accolto registi e attori come interlocutori. Ha parlato con Scorsese di dubbio e fede, ha sorriso con Clooney e Gere, ha elogiato Benigni per la sua leggerezza profonda.​

Ma il gesto più potente è stato un altro: ha portato il circo in piazza San Pietro. Ha invitato i senzatetto di Roma a uno spettacolo gratuito, con merenda e assistenza medica. Ai comici ha detto: «Il vostro dono è raro: fate ridere, ma anche curate».​

Per lui, il teatro, il cinema, la comicità non erano “altro” dalla fede. Erano parte del Vangelo. Una forma di misericordia, di speranza. Una medicina contro la solitudine.​

Oggi, dopo la sua scomparsa, le star di Hollywood lo ricordano con affetto. Leonardo Di Caprio ha definito il loro incontro del 2016 “profondamente commovente”, lodando l’impegno del Papa per l’ambiente. Antonio Banderas ha celebrato la sua compassione verso i più bisognosi e Whoopi Goldberg ha ricordato il suo amore per l’umanità e la risata.

La bellezza salverà davvero?

«I libri di teologia parlano tanto del vero e del bene… ma del bello, quasi nulla», osservava Francesco. Eppure, aggiungeva, la bellezza viene dallo Spirito Santo. È armonia. È respiro divino nel mondo.

Per questo diceva che chi fa arte ha una vocazione: costruire ponti, generare empatia, far brillare il senso anche dove sembra non esserci. Un bravo regista, un bravo attore, un bravo narratore: per Francesco erano evangelizzatori, anche senza nominarlo mai quel Vangelo.

La bellezza che salva è quella che commuove senza predicare. Che mostra, senza imporre. Che unisce, senza spiegare troppo.

La Chiesa e il cinema: da sospetto a fiducia

Per decenni, la Chiesa ha guardato il cinema con sospetto. Temeva la seduzione delle immagini. Eppure, con Francesco, qualcosa si è sciolto.

Lui ha preferito dialogare. Ha sostenuto festival, incoraggiato proiezioni nelle parrocchie, promosso film che parlano di migranti, povertà, ambiente. Ha visto nei cineforum una scuola di spirito critico e comunità.

Ha scelto la strada dell’alleanza, non della censura. Ha avuto fiducia nelle storie, anche quelle imperfette, perché portano comunque vita.

Un Papa da film: Francesco sul grande schermo

Francesco è stato il primo Papa rappresentato al cinema da vivo e con continuità. Non per folklore, ma perché la sua figura parlava al mondo.

Lo trovi in Chiamatemi Francesco (2015), nel doc di Wim Wenders Un uomo di parola, ne I due Papi con Jonathan Pryce, fino a In viaggio di Gianfranco Rosi. Ogni opera lo ha raccontato da un punto di vista diverso, ma sempre con rispetto.

Anche la cultura pop l’ha accolto: Rolling Stone, sketch comici, canzoni, citazioni sui social. Ma lui è rimasto fedele a sé stesso: con la Bibbia in mano e una battuta pronta sulle labbra.

Aiutami a continuare quest’opera

Francesco ha acceso una luce. Ha dato dignità al teatro, al cinema, alla comicità come forme di Vangelo vivo. Ha incontrato artisti, ha parlato di bellezza come traccia di Dio. E ci ha lasciato una consegna: portare avanti tutto questo, ognuno con ciò che ha.

Io ho scelto di raccogliere il testimone con questo articolo. Ma da solo non basta.

Se anche tu senti che serve un’arte che cura, un teatro che unisce, un cinema che accende coscienza, allora vieni con me.
Possiamo fare molto insieme.

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Perché «dare vita è poetica». E l’opera di Francesco merita di continuare. Con te. Con me. Con chi ci crede.

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