Il teatro come rituale
Il teatro è una forma d’arte che ha radici antiche, che affondano nella storia dell’umanità. In origine, il teatro era un rito, una cerimonia sacra in cui gli attori interpretavano ruoli divini e umani, raccontando storie mitologiche o storiche, e in cui gli spettatori partecipavano attivamente, cantando, danzando e recitando insieme agli attori.
Nel corso dei secoli, il teatro ha assunto molte forme diverse, ma la sua essenza fondamentale è rimasta la stessa: un rituale che unisce gli spettatori in una comunità, in cui tutti parlano lo stesso linguaggio e condividono un’esperienza comune.
Il teatro può essere visto come una sorta di confessione pubblica, in cui gli attori mettono a nudo i propri peccati e i propri segreti, esponendoli al giudizio degli spettatori. In questo senso, il teatro diventa un luogo di liberazione, in cui le emozioni e i sentimenti più profondi vengono espressi senza vergogna o paura.
Gli spettatori, dal canto loro, diventano parte attiva dello spettacolo, partecipando emotivamente alla rappresentazione e condividendo le stesse emozioni degli attori. In questo modo, il teatro diventa un luogo in cui tutti parlano la stessa lingua, una lingua universale che supera le barriere linguistiche e culturali.
Il teatro, quindi, è molto più di un semplice spettacolo: è un rituale, una cerimonia in cui attori e spettatori diventano un’unica comunità, che condivide emozioni e sentimenti, e che si sente libera di esprimere i propri pensieri e i propri desideri.
In un mondo sempre più frenetico e superficiale, il teatro rappresenta un’oasi di pace e di profondità, un luogo in cui tutti possono trovare sollievo dallo stress e dalla pressione della vita quotidiana, e dove è possibile riscoprire la bellezza e la verità dell’essere umani.
Il valore terapeutico del teatro
Il teatro, quindi, ha un valore terapeutico, in quanto aiuta gli spettatori a confrontarsi con le loro emozioni e a comprendere meglio se stessi e gli altri. Attraverso la rappresentazione di storie e personaggi, il teatro offre uno specchio in cui riconoscersi e, al tempo stesso, una finestra sul mondo, che ci permette di vedere le cose da una prospettiva diversa.
Inoltre, il teatro è un luogo di incontro e di scambio, in cui gli spettatori possono confrontarsi con idee e punti di vista differenti e arricchirsi attraverso l’ascolto e il dialogo. Spesso, infatti, le rappresentazioni teatrali affrontano temi sociali o politici, che sollevano domande e suscitano riflessioni nello spettatore.
Anche gli attori hanno un ruolo importante in questo processo. Attraverso la loro interpretazione, essi possono far emergere le emozioni e i sentimenti più profondi delle storie che raccontano, e diventare veicolo di comunicazione tra gli spettatori e il mondo esterno.
Inoltre, gli attori sono spesso chiamati a interpretare personaggi molto diversi tra loro, che richiedono di mettersi in gioco e di uscire dalla propria comfort zone. In questo modo, essi possono sperimentare nuove forme di espressione e di comunicazione, e arricchire la loro arte e la loro comprensione del mondo.
Il Cristianesimo e il teatro
Il cristianesimo ha un rapporto molto stretto con il teatro, in quanto entrambi si basano sulla narrazione di storie e sulla partecipazione attiva dei fedeli. Nel cristianesimo, infatti, le Sacre Scritture sono considerate la parola di Dio e vengono lette e interpretate durante le liturgie e le celebrazioni.
Inoltre, il cristianesimo promuove la riflessione sui valori e sulla condotta umana, e incoraggia i fedeli a imitare gli esempi di vita positivi proposti dai Santi e dai personaggi biblici. In questo senso, il cristianesimo può essere visto come un teatro vivente, in cui ogni cristiano è chiamato a interpretare un ruolo e a seguire il modello di vita offerto dal Vangelo.
Il teatro, dal canto suo, è stato spesso utilizzato come strumento di evangelizzazione e di diffusione del messaggio cristiano. Nel corso dei secoli, infatti, sono stati rappresentati numerosi spettacoli teatrali che raccontavano storie bibliche o che esponevano i valori cristiani.
Inoltre, il teatro ha spesso avuto una funzione pedagogica, in quanto ha offerto un modo per illustrare in modo accessibile e coinvolgente i concetti e i messaggi cristiani. In questo modo, il teatro ha contribuito alla diffusione del cristianesimo e alla formazione della coscienza religiosa delle persone.
La necessità del teatro come confessione pubblica
Occorre trovare un teatro inteso come “confessione pubblica” titolava Diego Fabbri un suo articolo apparso sul Corriere del Giorno il 30 Marzo del 1950. E il sottotitolo recitava: “Tutta la vita sociale, del resto, dovrebbe divenire un atto di umile e coraggiosa confessione pubblica”. Questo drammaturgo e sceneggiatore cattolico che collaborò con De Sica, Pietro Germi, Roberto Rossellini e tanti altri registi iniziava il suo articolo mettendo in risalto un fenomeno che ai giorni nostri ha assunto proporzioni ancora più estese rispetto alla sua epoca, vale a dire l’ossessione del sociale che stava permeando ogni aspetto della vita.
Il teatro non poteva sottrarsi allora a diventare popolare. E lo scriveva uno come lui che era stato designato come il campione dell’individualismo borghese in contrapposizione ad un’altra via ancora oggi trionfante fra i teatranti e cioè il Teatro Marxista di Bertolt Brecht. Fabbri conclude il suo appello invocando un linguaggio cristiano di unità fra il pubblico e gli attori, che superi la dualità e restituisca il senso di una sola comunità.
Confessarsi a teatro
Della confessione a teatro si è occupata Rosanna Camerlingo nel suo saggio Confessarsi a teatro che si trova all’interno degli Atti del Convegno Internazionale di Studi dell’8-10 settembre 2017: Teatro Sacro. Pratiche di dialogo tra religione e spettacolo. L’autrice discute del rapporto tra il teatro elisabettiano e la Riforma protestante in Inghilterra. È generalmente accettato tra gli studiosi che una delle ragioni per cui il teatro elisabettiano ebbe così successo a Londra fosse il fatto che riempiva il vuoto lasciato dalla Riforma protestante.
La Riforma protestante fu voluta esclusivamente da una piccola parte della classe dirigente nei primi anni 1500, la fazione più aggressiva e attiva della corte di Enrico VIII a cui apparteneva Anna Bolena. Imponeva un sistema di religione che non era affatto indebolito, ma ancora molto vivo e complesso in Inghilterra, attraverso il quale uomini e donne articolavano le loro esperienze, speranze, aspirazioni; condividevano simboli, immagini, preghiere, rituali, pellegrinaggi, feste.
Era quindi inevitabile che incontrasse resistenze da parte della maggior parte della popolazione, soprattutto dove spazzava via, insieme alla tradizione religiosa e ai suoi edifici – antichi monasteri e biblioteche secolari – ogni genere di piacere, dalla musica alle arti, al teatro alle feste. Quando volle imporsi come una severa e permanente Quaresima in nome della verità della parola del Vangelo, come volevano i protestanti, non ebbe vita facile.
I puritani protestanti erano contrari al teatro elisabettiano, vedendolo come una minaccia per l’ordine sociale e la stabilità dello stato. Credevano che fosse una fonte di corruzione e deviazioni sessuali, e che fosse stato utilizzato dai gesuiti come strumento di propaganda. Gli attacchi dei puritani contro il teatro divennero sempre più virulenti fino alla chiusura dei teatri nel 1642 durante il regno di Cromwell. I teatri non furono riaperti fino al 1660, con il ripristino della monarchia.
Il commento di Jonson su questi primi esempi di teatro ricorda gli attacchi dei puritani contro la messa cattolica: sbalordire gli ignoranti. Marlowe era ben consapevole del rapporto tra teatro e religione, sostenendo che se avesse dovuto scegliere tra le due religioni in lotta in Europa, avrebbe preferito quella cattolica per i suoi riti e cerimonie sontuose. Inoltre, Marlowe aveva affermato che se avesse dovuto scrivere una nuova religione, l’avrebbe fatta in modo più eccellente e ammirevole.
Marlowe considerava la religione come rito e il suo compito principalmente politico: tenere insieme i popoli. Ha anche tentato di sostituire la messa cattolica con la rappresentazione di Tamerlano il Grande nella sua conquista del mondo, che è un tentativo serio di capovolgere completamente i valori della messa cattolica. La messa di Marlowe era esplicitamente anticristiana e probabilmente aveva in mente il passaggio dei Discorsi di Machiavelli dove sostiene la religione romana virile e combattiva rispetto alla religione cristiana che ha “effeminato il mondo” e “disarmato il cielo”. Marlowe ha anche sottolineato l’importanza del teatro come mezzo per mantenere il potere e ha sottolineato il potere delle parole e della retorica per persuadere e ingannare le masse.
Tuttavia, con l’abolizione della confessione auricolare nella vita della comunità cristiana inglese, il dramma della salvezza si è spostato dal rito esteriore all’interiorità. Shakespeare ha utilizzato questo vuoto lasciato dalle nuove istituzioni religiose per rappresentare l’interiorità dei suoi personaggi e il loro dramma personale in tragedie come Amleto e Otello. Il testo sostiene inoltre che il teatro di Shakespeare ha ricoperto il ruolo di confessore, aiutando gli spettatori a esplorare e comprendere le loro emozioni e i loro conflitti interiori.
Opere teatrali intese come confessioni
Nell’Amleto, Amleto parla di sé in diverse parti della tragedia. Uno dei momenti in cui si confessa maggiormente è nell’Atto II, scena 2, quando parla con il suo amico Orazio. In questa scena, Amleto espone i suoi dubbi e le sue incertezze riguardo alla morte del padre e alla sua successiva decisione di vendicarsi. Egli si confessa anche nel monologo del III atto, scena 1, in cui esprime il suo tormento interiore e il suo conflitto morale riguardo alla vendetta. Nel corso della tragedia, Amleto parla anche di sé in altre occasioni, ad esempio quando parla con il suo zio Claudio, il re, o con i suoi amici Rosencrantz e Guildenstern. In queste occasioni, Amleto espone le sue riflessioni e i suoi sentimenti in modo più o meno esplicito, a seconda della situazione e della persona con cui sta parlando.
Amleto si descrive come un uomo tormentato e ossessionato dalla vendetta per la morte del padre, e spesso esprime il senso di colpa e di vergogna per il ruolo che svolge nella tragedia. In particolare, Amleto fa riferimento al suo stato d’animo tormentato e alla sua ossessione per la vendetta in diverse parti della tragedia. Ad esempio, nell’Atto II, scena 2, egli dice a Orazio: “La mia anima è piena di tormenti, / e la mia mente, di terribili pensieri”. Inoltre, nel monologo del III atto, scena 1, Amleto si descrive come “un povero attore / che, recitando alcune scene di dolore, / ne sente la pena”.
La “confessione pubblica” è un elemento comune in molte opere teatrali, sia classiche che moderne. In generale può essere definita come il momento in cui un personaggio si esprime apertamente e onestamente riguardo ai propri sentimenti, pensieri o azioni, di solito di fronte a un pubblico o a un gruppo di persone.
Può assumere diverse forme a seconda dell’opera teatrale in cui viene presentata. Ad esempio, può essere un monologo, una scena di dialogo o un’intera sequenza narrativa. Inoltre può essere utilizzata per svelare informazioni importanti o per fare luce sulla psicologia dei personaggi.
Alcune opere teatrali famose in cui si verifica una “confessione pubblica” sono:
1. L’Amleto di William Shakespeare che abbiamo già analizzato.
2. Gli Dei Annoiati di Friedrich Nietzsche: in questa opera teatrale, il personaggio di Zarathustra si confessa al pubblico, esprimendo le sue idee filosofiche e le sue riflessioni sulla vita e sulla morte.
3. La Tempesta di William Shakespeare: in questa commedia, il personaggio di Prospero si confessa al pubblico, rivelando i suoi piani e le sue intenzioni riguardo alla trama della commedia e al suo ruolo nella storia.
4. La Madre di Bertolt Brecht: in questa opera teatrale, il personaggio della Madre si confessa al pubblico, raccontando la sua storia e le sue esperienze di vita.
5. Le tragedie di Pasolini in cui i personaggi hanno l’ossessione di dire tutto, come si può evincere dalla tesi di dottorato di Francesca Tomassini.
Il format della confessione a teatro
La Confessione è anche un format teatrale di Walter Manfré che è stato rappresentato in diverse città italiane e europee negli ultimi 20 anni. Lo spettacolo consiste in dieci attori e attrici che raccontano, ciascuno a turno, una confessione elaborata ad hoc da alcuni dei migliori autori italiani della seconda metà del Novecento. Gli spettatori, divisi in due gruppi di dieci persone, ascoltano le confessioni. La critica ha spesso espresso giudizi sui singoli testi e sulla recitazione degli attori, ma l’obiettivo del format sembrerebbe essere quello di cogliere l’imperfezione umana nell’esperienza della confessione e nella dinamica della recitazione.
La Confessione, attraverso le storie raccontate dai suoi attori, offre l’opportunità di entrare in contatto con le esperienze e i punti di vista di altre persone e di riflettere su temi come le emozioni, le paure, i conflitti interiori e le relazioni interpersonali. Potrebbe anche essere un modo per esplorare il ruolo della confessione come uno strumento di guarigione e di espiazione nella tradizione cattolica e nella società in generale.
Attraverso il racconto di storie personali, La Confessione può aiutare gli spettatori a sentirsi meno soli e a trovare punti di contatto con le esperienze degli altri. Inoltre, l’utilizzo di testi scritti da diverse figure della drammaturgia italiana della seconda metà del Novecento offre l’opportunità di conoscere e scoprire autori e opere teatrali che potrebbero non essere così familiari. Inoltre, il fatto che lo spettacolo venga riproposto in diverse città e con attori locali consente di adattare il format alle caratteristiche del luogo e del pubblico, creando un’esperienza teatrale unica e coinvolgente.
Attori e spettatori in confessione nel teatro contemporaneo
Oggi, il teatro continua ad essere un luogo di confessioni pubbliche, in cui gli attori mettono a nudo i loro peccati e i loro segreti, esponendoli al giudizio degli spettatori. Tuttavia, rispetto al passato, il modo in cui gli attori e gli spettatori si confessano a teatro è cambiato in diversi modi.
Innanzitutto, il teatro contemporaneo spesso affronta temi più personali e introspettivi, che riguardano l’identità, le relazioni, le emozioni e i conflitti interiori dei personaggi. In questo senso, il teatro diventa un luogo di riflessione e di autoanalisi, in cui gli attori e gli spettatori possono confrontarsi con se stessi e con le proprie paure e debolezze.
Inoltre, il teatro contemporaneo spesso utilizza forme espressive innovative, come il monologo, il teatro di narrazione o il teatro-danza, che permettono di esprimere le emozioni in modo più intenso e diretto. In questo modo, gli attori e gli spettatori possono entrare in profondità nelle loro emozioni e nei loro sentimenti, e scoprire nuove forme di espressione.
Infine, il teatro contemporaneo spesso incoraggia la partecipazione attiva degli spettatori, che possono interagire con gli attori e con lo spettacolo in modo creativo e coinvolgente. In questo modo, gli spettatori possono sentirsi parte integrante dello spettacolo e condividere le emozioni degli attori in modo ancora più profondo.