Carmelo Bene declamò la Divina Commedia dall’alto della Torre degli Asinelli, il 31 luglio del 1981 per commemorare l’anniversario della strage della stazione di Bologna. C’era una grande folla lungo tutta la via Rizzoli, forse centomila persone. Ci furono anche dei detrattori e la Rai rifiutò la diretta pubblica. Il successo però fu enorme. Fu un evento storico memorabile come riporta la pagina di Wikipedia ad esso dedicata. Bene fece una singolare dedica quella sera affermando:
«Dedico questa serata, da ferito a morte, non ai morti, ma ai feriti dell’orrenda strage».
Quell’evento divise la politica di allora, il consiglio di amministrazione della Rai e persino il mondo degli artisti. Giorgio Albertazzi tempo dopo fece una sua Lectura Dantis in aperta polemica con Bene definito venditore di fumo. Negli anni il ricordo di quell’evento è stato spesso presente nei media italiani e oggi nella rete. Quella sera del 31 luglio
«più che una faccia, era una luce. Dal fondo di via Rizzoli si vedeva solo un tondo illuminato» (Meletti 2010). Carmelo Bene sale su una scaletta da pompiere e salutato da una fittotramata folla in devozione (come lui stesso racconterà in Sono apparso alla Madonna) si sistema in cima alla Torre degli Asinelli. Si pone dietro al leggio illuminato. «È un capolavoro di scenografia, l’antica gloria dei palazzi usata come quinte e sipari inondati di luce violetta» (Goldoni 1981). Sotto, ad ascoltarlo, una marea di gente, come fosse un concerto rock. Chiede a Lydia Mancinelli (compagna di scena e di vita) di tenergli ferme le caviglie per tutto il tempo della lettura perché soffre di vertigini. Le luci man mano si attenuano per dare luce solo al volto. Una fiumana di persone in silenzio, «l’intero centro di Bologna, come caduto in trance, sembrava non muoversi neppure, quasi temesse di poter rompere l’incanto» (Maenza 2005:75).
Così la racconta in un suo articolo per Treccani Maria Antonietta Epifani. Io aggiungerei alla luce di cui parla Epifani la voce di Carmelo, la sua proverbiale phoné. Non a caso utilizzò l’impianto fonico dei Pink Floyd, che ottenne da David Zard.
Oltre alla voce c’è anche la questione dell’uso dello spazio teatrale, argomento al quale ho già dedicato un articolo. Carmelo salì di sera sul terrazzo della Torre. È come se avesse fatto corpo con essa, come se la torre lo avesse amplificato in un riuso magistrale di questa struttura del 1100, simbolo stesso della città.
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