Un cinema senza storia

Alessandro Zizzo e Nadia Carbone durante L’occhio del regista dell’11 dicembre 2022, evento organizzato dal Generation Film Fest

Chi ha detto che un film deve avere una storia? O almeno una storia come siamo abituati a concepirla con un inizio, uno sviluppo e una conclusione e soprattutto un lieto fine, come certa cinematografia americana ci induce a pensare. A volte la storia non c’è o, meglio, essa fa dei giri su se stessa o quantomeno presenta uno spaccato di uno o più personaggi o di una situazione. È il caso questo, per esempio, de La Grande Bellezza, film del 2013 con il quale il regista Paolo Sorrentino ha vinto l’oscar come miglior film in lingua straniera.

Quando, ieri sera, ascoltavo Alessandro Zizzo, regista invitato ad una chiacchierata ad Oria (Br) dal Generation Film Fest, che ci raccontava questo ho pensato ai film senza trama o con una storia piuttosto ridotta. E mi sono venuti in mente anche pellicole dal finale aperto, nel quale ciò che succede alla fine viene immaginato dallo spettatore. In tal senso uno dei migliori cortometraggi di Alessandro, Bibliothèque, ne è un bell’esempio.

Le storie che ci raccontavano i film del Neorealismo, periodo dal quale Alessandro ha iniziato la sua carrellata di registi, come ad esempio Roma città aperta (Roberto Rossellini, 1945), erano storie corali, di un’intera società, alle prese con orrori post-guerra mondiale. Non c’erano sceneggiature come le concepiamo noi oggi, c’era molta improvvisazione e gli attori per lo più non erano professionisti. Eppure si tratta di film che continuano a conquistarci anche se in gran parte li abbiamo già visti e rivisti e che sono stati grande fonte d’ispirazione per il cinema americano.

Anche in Fellini, altro cineasta di cui Alessandro ci ha parlato, è evidente che centrale non è la storia, com’è giusto che sia in un certo tipo di cinema in cui la parola è affidata per lo più alla potenza delle immagini, alla loro estetica. Fino ad arrivare all’anti-narrazione. Se in Ladri di Biciclette (Vittorio De Sica, 1948) la narrazione è incompleta e provvisoria per lasciare spazio alla componente psicologica dei personaggi con i film di Martin Scorsese ad esempio siamo alla centralità o quasi dei tempi morti.

Stiamo parlando di un cinema al quale per lo più siamo disabituati, soprattutto a causa dei tempi di attenzione ormai ridottissimi. Tanti film televisivi o le serie tv ci inducono in una sorta di ipnosi con colpi di scena ogni due o tre minuti. Quando invece dovremmo abbandonare la dipendenza da adrenalina e lasciarci incantare insieme a Marcello Mastroianni da Anita Ekberg nella Fontana di Trevi ne La dolce vita di Fellini (1960).

E a te capita mai di vedere film in cui non è centrale la storia, la trama, ma si dà più spazio ad altri componenti? Hai degli esempi? Scrivili nei commenti, grazie!

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